Calle joshi

All Elite Wrestling
Fuori Giappone | By Poppo • 21-02-2021
Image Credits: All Elite Wrestling

Chi raggiungerà Hikaru Shida in AEW?

In settimana é iniziato ufficialmente il Women's World Championship Eliminator Tournament, il torneo indetto dalla All Elite Wrestling per decretare la prossima sfidante alla propria cintura femminile.

Sulla falsariga dei Mae Young Classic organizzati dalla WWE negli scorsi anni, anche la sua concorrente diretta ha pensato ad una competizione internazionale composta da partecipanti esterne ad essa per poter proporre sfide e nomi inediti al proprio pubblico, riservandosi la possibilità di poter visionare potenziali nomi di valore da ingaggiare; pur non avendo la portata di reclutamento avuta a dispozione dei McMahon per via della loro precedente retata di assunzioni di portata globale, sommata all'ormai arcinota condizione sanitaria globale, il focus straniero é stato incentrato sulla componente giapponese, seguendo così quel filo invisibile che lega i due mondi fin dalla fondazione della società guidata da Tony Khan e riesplosa prepotentemente nei giorni scorsi con le apparizioni di KENTA - atleta sotto contratto con la New Japan - in quel di Dynamite.

In sostanza Kenny Omega&soci portano acqua al loro mulino, mentre le joshine - ed in generale il movimento in generale - guadagnano una potenziale vetrina di grande portata come già avvenuto con Kairi Sane, Io Shirai e Meiko Satomura. Tutto così lineare? Non proprio.

Essere (joshi) o non essere (joshi)?

Era il 25 Maggio 2019 quando sullo stage di Double or Nothing - primo Pay per View della compagnia - si erano presentate l'attuale campionessa in carica Hikaru Shida, assiema a Ryo Mizunami, Aja Kong, Riho, Emi Sakura e Yuka Sakazaki per disputare un match di esibizione a squadre, in un certo senso ripercorrendo quanto fece la WCW nel 1995 a World War III mettendo di fronte le due grandi stelle Bull Nakano e Akira Hokuto contro Mayumi Ozaki and Cutie Suzuki.

L'idea da sempre espressa da Omega in veste di responsabile della divisione femminile non é poi diversa da quanto fatto sotto dal colosso di Atlanta anni prima, ovvero prendere a piene mani dalla rimomata scuola giapponese, sfruttarne qualità ed effetto "esotico" e creare grandi scontri con le lottatrici americane: l'assegnazione della WCW Womens belt di fatto avvenne anch'essa in un torneo incrociato tra i due paesi proponendo in finale il duello tra la Hokuto e Madusa. Contrariamente al passato la cintura femminile esiste ancora e non é stata subappaltata ad un'altra compagnia come avvenne con la GAEA, in compenso la situazione della divisione é tutt'altro che in salute e pur avendo proposto 2 detentrici giapponesi su 3, né Riho, né Hikaru Shida hanno avuto modo di poter risaltare disputando incontri degni di nota o grazie ai propri personaggi: colpa soprattutto di una scrittura deficitaria (un paradosso visto che nel caso dei colleghi maschi spesso é stato l'aspetto più lodato dell'attuale prodotto); in assenza di essa contano le capacità sul ring, ma l'esposizione in tal senso non é stata gestita in maniera così occulata: Brandi Rhodes, Abadon, Anna Jay e Tay Conti sono performer  che a voler essere generosi risultano prive di esperienze di rilievo nel mondo del wrestling e che necessitano molto tempo per poter ambire ad un ruolo che vada oltre quello delle accompagnatrici, mentre le comprimarie Diamante, Big Swole, Mel o Leva Bates pur avendo girato più a lungo il circuito indipendente non si sono dimostrate in grado di dare sufficiente supporto a quelle che dovrebbero essere le top star della divisione e infine gli infortuni di Kia Stevens (con relativo addio) e di Kris Statlander hanno tolto varietà al roster; così ad oggi l'unica a godere di uno status importante é stata l'unica lottatrice a cui é stato dato spazio lontano dal quadrato é Britt Baker, un personaggio nato da un'ipotetica "cospirazione" nei suoi confronti e costruito solo grazie ai siparietti comici con il commentatore Tony Schiavone.

C-O-N-S-P-I-R-A-C-Y (credits WWE)

Nel mentre le campionesse hanno avuto pochi spazi alternano difese di poco conto ad altre contro avversarie esterne come Emi Sakura o Thunder Rosa o Serena Debb (una peraltro che con il Giappone vanta una discreta storia), in particolare la Shida ha sofferto molto il suo ruolo di chioccia venendo spesso affiancata alle più giovani o ad altre prive di contratto per cercare di farle rendere oltre il proprio valore sacrificando in parte il proprio potenziale.

Il torneo rappresenta dunque un modo come un altro per rimescolare le carte in tavola nella sezione americana, magari ripescando i pochi spunti abbozzati sin qui e dare un vero slancio a colei che andrà contro la detentrice che in linea di massima ha battuto tutta la concorrenza. Dall'altra parte del tabellone invece il gruppo nipponico é composto da alcuni dei nomi già visti occasionalmente negli Stati Uniti nel corso del biennio ed alcuni potenzialmente adatti all'ambiente major americano e che piano piano si stanno ritagliando una certa nomea oltreoceano, ma che a giudicare dai risultati della prima serata sembrano essere stati messi in naftalina, per ora.

Cui prodest?

Gli incontri giapponesi del primo turno sono stati registrati in anticipo presso il dojo di Saitama della Ice Ribbon e la messa in onda è avvenuta sul canale Youtube della compagnia, non all'interno del suo programma televisivo principale quindi (Dynamite) e nemmeno nell'altro diffuso dallo stesso canale (Dark). Uno spazio apposito, ma al tempo stesso "isolato" rispetto agli altri eventi, compresa la parte opposta del tabellone che invece é avvenuta live il giorno dopo e ha vistoSerena Deeb perdere contro....la giapponese Riho, inserita assieme alle colleghe statunitensi in quanto residente in America.

Ad ogni modo per l'occasione sono stati reclutati per la produzione alcuni nomi importanti: coordinati da Hikaru Shida hanno lavorato l'arbitra Tommy (in attività addirittura dal 1983, in campo femminile la più longeva in assoluto) e al commento ad affiancare la stessa Shida ci ha pensato Haruo Murata, altro nome ricorrente delle telecronache della NJPW e della DDT, mentre per la versione americana ha lavorato il solo Excalibur: per lui il lavoro é stato più impegnativo dovendo raccontare gli incontri e contemporaneamente presentare le lottatrici; un compito difficile e svolto al meglio delle sue capacità, ma che probabilmente avrebbe giovato di una presentazione anticipata della concorrenti, alle quali invece é stato concesso un breve videoclip presentativo trasmesso la settimana prima dell'inizio della competizione.

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Ad aprire le danze ci hanno pensato le due più appetibili per il nuovo target, Yuka Sakazaki e Mei Suruga, due ragazze in orbita Tokyo Joshi Pro Wrestling che hanno fatto dell'originalità nell'interpretare i propri personaggi la propria bandiera. A farla da padrona infatti é stata l'interazione tra le due fatta di gag ed ammiccamenti che ha scandito un'azione veloce e piena di movenze acrobatiche, sebbene non particolarmente fluida in certi momenti, probabilmente per via del fatto che si trattava del loro primo incrocio in assoluto e anche per la minore esperienza complessiva di Mei-chan, seppure rispetto alla già citata controparte la ragazzina ha collezionato in poco tempo un'esperienza formativa molto più rilevante. In sostanza un match da junior in cui Yuka ha controllato le operazioni mettendo in mostra i continui miglioramenti esibiti nel suo ultimo periodo da campionessa Princess. La Magical Rabbit del resto aveva già accumulato un paio di esibizioni per la AEW, perlopiù fatte di sconfitte o di cocenti umiliazioni come la "rimozione" di un dente da parte della Baker nelle vesti della dentista impazzita, quest'ultimo evento - avvenuto ormai un anno fa - finora non ha trovato continuità a livello narrativo, ma potrebbe sempre venire ripreso in un'ipotetica finale tra le due.

Anche nel caso del secondo scontro si é trattata di una prima volta: seppure ospitata presso la Gatoh Move, ASUKA (tornata al vecchio nickname Veny per evitare confusione con l'atuale campionessa WWE) non aveva mai affrontato Emi Sakura 1 contro 1, e ad accrescere l'eccezionalità dell'evento ha contribuito il fatto che la stessa fondatrice della Ice Ribbon non aveva più messo piede in quel di Saitama dal suo abbandono avvenuto nel 2012, segno che questo 2021 continua a regalare alcuni ricongiungimenti inaspetatti. A caratterizzare la contesa é stato il modo di combattere da parte di entrambe, la Sakura nonostante l'ormai noto costume da Freddie Mercury, ha lottato in maniera ben diversa rispetto alle gesta bizzarre mostrate nella sua Gatoh, per molti versi ha richiamato più la sua versione degli inizi e metà carriera, più aggressiva e calcolatrice nel suo tentativo di lavorare gambe e schiena della rivale; Veny dal canto suo ha rinunciato alla consueta aggressività per interpretare il ruolo di babyface in difficoltà, ma lo ha fatto in maniera anch'essa diversa rispetto ad altre occasioni, puntando molto su una serie di mosse basate sulle corde o lanciandosi fuori dal ring ad ogni occasione. Probabilmente dei 4 incontri é stato quello più simile ad un match joshi, quello che ha sfruttato alcuni degli elementi più ricorrenti di esso, in particolari le fasi fuori ring, il modo di lavorare sulle debolezze avversarie ripartito in base allo sviluppo del racconto e la rappresentazione della fase conclusiva dove a vincere é stata Emi, anch'essa già apparsa nel nuovo continente per seguire la sua eterna discepola Riho, cresciuta proprio dentro le mura di Saitama.

Il terzo incontro era quello probabilmente più atteso, vista la presenza di Maki Itoh, l'idol dalla testa di metallo che finalmente ha visto coronata la sua volontà di lottare per realtà fuori dal paese a costo di chiudere del tutto la propria carriera in caso di fallimento. Una storia di crescita e di abnegazione da libro cuore che ha trovato in Ryo Mizunami il perfetto contraltare: oltre alla differenza di stazza adatta a renderla l'ideale ostacolo da abbattere, anche lei aveva sempre sognato gli U.S.A. ma rispetto a Maki era riuscita a fare il suo debutto prima di lei. La contesa é uno showcase per entrambe dove Itoh-chan come Mei-chan esporta il suo modo di interagire non convenzionale fatto di pianti, ridolini e naturalmente cantando e ballando la sua musica di ingresso come da copione, di contro Ryo domina attraverso la fisicità, ma non senza rinunciare a lottare anche sul piano delle espressioni e della teatralità e seppur godendo di minori riconoscimenti in tal senso, ha dimostrato di non essere da meno facendo valere gli anni in più che ha passato sulle scene. Rispetto allo svolgimento ed alle aspettative create dal nome della TJPW grazie alle sue interazioni costanti con i fans occidentali, a vincere é stata la Mizunami: un classico il suo fallire nelle grandi occasioni e anch'esso un elemento sul quale si potrebbero scrivere molte storie, ma cosa avverrà in futuro non é dato ancora saperlo, anche se a questo punto molto dipenderà dalle tempistiche di un suo eventuale ritorno, poiché più tarderanno ad arrivare le offerte e meno probabilità ci saranno di rivederla esibirsi il prossimo anno.

Non poteva mancare per l'occasione una ragazza proveniente dalla Marvelous: non c'è ormai evento di wrestling in terra nipponica in cui non compare almeno una delle figlie spirituali di Chigusa Nagayo, così dopo gli exploit di Mei Hoshizuki e Mio Momono, é toccato a Rin Kadokura (con tanto di cintura di coppia Wave conquistata recentemente) chiudere la prima serata targata AEW contro il mostro sacro per eccellenza Aja Kong. Sfortuna vuole che rispetto alle altre esibizioni in cui grossomodo le lottatrici hanno si sono concesse il 50% di offensiva ciascuna, il dislivello di importanza era talmente elevato da consentirle appena qualche sortita, né più né meno di quanto spetta alle giovani debuttanti negli incontri di apertura degli spettacoli in cui spesso e volentieri la Kong viene coinvolta. L'unica differenza: la chiusura, raramente ormai si vede Aja usare il suo vecchio Diving elbow drop dalla terza corda, una mossa che si vedeva più in momenti di difficoltà o nelle grandi sfide aeree contro la velocissima Manami Toyota a metà anni novanta e che in questo frangente é stato usato più per l'impatto visivo. Evidentemente serviva a presentarla adeguatamente alle nuove generazioni, quelle che non hanno potuto viverne gli anni ruggenti o neanche la sua comparsata a Survivor Series. Vecchi o giovani, la Kong resta un mastodonte adatto per tutte le età, nonché una serie contendente per arrivare almeno alla finale del torneo: una figura come la sua raramente ha concesso la vittoria a chi non ne fosse degno, così come altre grandi figure del passato hanno fatto prima di lei per proteggere e tramandare la propria importanza solo a chi fosse in grado di portare avanti il movimento.

Tutti appunti che dovranno tenere ben presente coloro che devono invece ancora capire che direzione far intraprendere al proprio movimento, per non rischiare di rimanere una copia poco riuscita di un passato di altrettanto poco valore.