Calle joshi

Storia | By Poppo • 15-07-2023

Dall'Ultimate Challenge L1 alla ReMix World Cup: l'influenza joshi sulle MMA

Nella vita di tutti i giorni capita spesso di essere al centro di veri e propri bombardamenti sensoriali, a prescindere si tratti di una serata in compagnia di amici o della sola consultazione di un social network. In questi casi il cervello tende ad escludere la maggior parte di questo "rumore di fondo" per contrarsi sullo stimolo più vicino o caratterizzato da più fattori.

Questo fenomeno chiamato Cocktail party spesso aiuta a mantenere l'attenzione in mezzo al caos, ma a volte può giocare strani scherzi sviandola completamente e questo é ciò che per certi versi é stato il filo conduttore del rapporto tra il panorama joshi e quello delle arti marziali miste femminili giapponesi.

Mix

L'inizio del discorso - come quasi sempre accade in questo ambito - parte dalla All Japan Women's Pro-Wrestling, realtà capofila del wrestling femminile in gonnella e da sempre legata alle varie forme di agonismo: judo, boxe, kickboxing, amateur wrestling e altre discipline marziali hanno sempre trovato un piccolo spazio all'interno della programmazione, anche se queste rappresentazioni erano corpi estranei rispetto ad essa trattandosi perlopiù di incontri tra novizie ed ospiti provenienti dall'Europa e dagli States.

I Matsunaga, famiglia proprietaria dello zenjo, erano stati quasi tutti lottatori praticanti e per questo motivo pur avendo trovato la chiave del successo grazie ad ambiti totalmente differenti (musica in primis) sempre cercato di mantenere un legame con le antiche passioni, tentando pure qualche esperimento di fusione avanzata tra le discipline, come testimoniato dai primi esperimenti tentati ad inizio anni ottanta, dai successivi scontri a tema MMA proposti tra le ex alleate Aja Kong e Madusa Miceli o più avanti negli anni tra Yumiko Hotta e la rediviva Lioness Asuka, ma anche dalla (poco fortunata) esperienza dell'omonima categoria.

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Devil Masami vs Princess Mohawk - 9 Novembre 1981, AJW TV (Okinawa Ounoyama Gymnasium)

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Aja Kong vs Madusa Miceli – 21 Luglio 1990, AJW TV (Ota Ward Gymnasium)

Una discussione destinata ad accendersi verso la metà degli anni novanta, quando una fetta di ex wrestler capitanati da Masakatsu Funaki aveva scelto di rompere gli indugi e proclamare la superiorità dei combattimenti "veri" nei confronti di quelli "coreografati" dando origine alla Pancrase.

Per le donne quello delle MMA era ancora un mondo tutto da esplorare, tuttavia questo argomento era stato affrontato allo stessa stessa stregua: ormai il monopolio della AJW era finito e tra le nuove etichette emergenti figuravano le Ladies Legend Pro Wrestling di Shinobu Kandori, ex judoka di successo che aveva fatto della contrapposizione tra lottatori ed intrattenitori la propria ragione di esistere.

Un manifesto il suo che inizialmente a pareva essere più un modo di alimentare il personaggio arrogante della Kandori che non una vera proposta alternativa, tant'è che i primi spettacoli non si discostavano poi molto a livello stilistico da quelli della vecchia JWP, la promotion da cui il suo gruppo era fuoriuscito sbattendo la porta. Per mettere in pratica questa idea occorrevano un numero maggiore di atlete "esterne" e soprattutto un nome di richiamo, uno di quelli da grandi occasioni in grado di richiamare il pubblico.

La ricerca avrebbe infine condotto a Svetlana Goundarenko: campionessa europea di judo, ma già avvezza al mondo del wrestling grazie alle sue ospitate in FMW e come se non bastasse si trattava di una montagna umana capace di travolgere chiunque le si parasse di fronte. Quale migliore protagonista da mettere dentro ad una gabbia assieme a quella provocatrice per eccellenza della Kandori?

Con queste premesse le LLPW hanno dato vita all'Ultimate Challenge L1, un torneo ad invito a cui avrebbero preso parte fighter straniere (inclusa la Goundarenko) da contrapporre alle lottatrici di casa, o meglio a qualche comparsa (l'esterna Yumiko Hotta e la rappresentante Mizuki Endo) e la fondatrice. Perché pur trattandosi di un torneo vero e proprio, la sfida finale in un modo o nell'altro doveva per forza riguardare i due nomi più importanti, né più né meno rispetto ad un qualsiasi evento di wrestling.

Il risultato finale non avrebbe soddisfatto nessuno: davanti ad un pubblico non particolarmente numeroso, Shinobu sarebbe stata sconfitta brutalmente in pochi minuti. L'esperimento sarebbe stato riproposto 3 anni più tardi, ancora una volta mettendo di fronte la russa e la presidentessa del gruppo nel match di cartello, ancora una volta ottenendo scarso interesse.

Svetlana Goundarenko schianta all'angolo Shinobu Kandori. 1995

Eppure qualcosa si stava movendo, infatti a partecipare c'erano alcune wrestler pronte a saltare sul nuovo carro delle MMA.

Shake

Del resto la situazione del wrestling femminile alla fine del millennio non era delle migliori: la crisi economica nazionale, unita ad un crescente disinteresse per la disciplina aveva mandato in bancarotta il gruppo controllato dai Matsunaga, di conseguenza la AJW era ormai appesa al sostegno vitale del contratto televisivo in vigore con l'emittente Fuji TV, ma al tempo stesso aveva dovuto licenziare tantissime ragazze, spesso senza saldare nemmeno una parte dei numerosi stipendi arretrati accumulati.

Molte di esse avevano continuato a collaborare in veste di freelancer nella speranza di ottenere qualcosa dal gruppo Fuji, altre invece avevano deciso di mettersi in proprio frammentando ulteriormente il panorama in tante piccole sigle pronte a contendersi un pubblico sempre più ridotto. L'addio più rumoroso era stato quello di Kyoko Inoue, la quale aveva addirittura annunciato contemporaneamente le proprie dimissioni e la nascita della sua promotion in diretta televisiva e perdipiù da campionessa mondiale dello zenjo (cintura inevitabilmente persa poi al termine della serata).

Da questo botto nacquero nel 1997 le Neo Japan Ladies Pro Wrestling, sostenute inizialmente dalla KADOKAWA Game Linkage, un gruppo di aziende dedicate al settore dei videogiochi e ad attività correlate, inclusa la pubblicazione della rivista Fumitsu di cui era caporedattore il presidente scelto per questa nuova esperienza, Yasuki Shino, in arte Shino Daiki.

La gestione degli eventi in primo luogo era stata presa in consegna dalla Inoue, di conseguenza l'impronta degli spettacoli non si discostava per nulla da tutti quegli aspetti che avevano reso grande la All Women's Japan, a partire dalla scelta di usare una cintura presa dagli Stati Uniti (sponda NWA sezione New Jersey) come titolo massimo, per arrivare alla scelta di fare recuperare le poche ex zenjo girls di successo rimaste dopo gli esodi che avevano riempito gli spogliatoi della piccola Arsion e della più famosa e redditizia Gaea.

Shino invece era un appassionato di arti marziali miste e come altri guardava con maggiore interesse a questo ambito piuttosto che all'ormai vecchio modello di pro wrestling proposto, così dopo aver chiuso i primi anni di attività con risultati non particolarmente esaltanti ,aveva deciso di prendere le redini e tentare la strada a lui più congeniale e lo avrebbe fatto a modo suo creando un grande evento su scala mondiale, con un montepremi da favola e delle regole ad hoc che non prevedevano categorie di peso e riducevano le limitazioni di tempo legate alle prese a terra. In 3 parole ReMix World Cup, evento svoltosi il 5 Dicembre 2000.

Le condizioni per fare bene stavolta erano decisamente più favorevoli: l'arena che avrebbe ospitato l'evento sarebbe stata la capiente Nippon Budokan di Tokyo, il budget per i premi poteva contare su molti zeri (addirittura 10,000,000 di Yen per la vincitrice e 1,000,000 per la seconda classificata), la produzione poteva contare su un imponente lavoro di montaggio video con interviste e video introduttivi piuttosto elaborati e soprattutto sulla crescente popolarità della disciplina, in patria e oltreoceano dove stavano nascendo le prime star tra cui Becky Levy, uno dei volti di punta della futura rassegna.

O almeno sarebbe dovuto esserlo, ma la realtà a conti fatti a rubare la scena furono nomi nuovi e una vecchia conoscenza.

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Yoko Takahashi vs Kirstie Bragard – 14 Luglio 1997, AJW Japan Grand Prix 1996 (Korakuen Hall)

Remix

Testimonianza della crescita dell'interesse nipponico verso le arti marziali miste é il maggior numero di partecipanti indigene alla rassegna, alcune delle quali erano neofite che negli anni successivi avrebbero composto la spina dorsale delle future promotion MMA quali Miwako Ishihara, altre invece avrebbero dovuto subito mettere da parte le proprie ambizioni, come nel caso della sfortunata Atsuko Sakuraba, modella decisa a transitare verso l'ottagono, ma infortunatasi gravemente al gomito proprio in occasione del turno preliminare, cortesia della russa Tatiana Kovochinova.

Altre praticanti invece avevano mosso i primi passi proprio durante la seconda edizione dell'Ultimate challenge L1, dove Junko Yagi aveva fatto timidamente capolino sotto l'egida della Kandori, salvo poi cambiare rapidamente carriera con discreti risultati, non a caso le sue performance nel corso della ReMix sono state tra le più apprezzate: una vittoria netta sull'olandese Flor Holman e una resa più che onorevole dopo aver dato parecchio filo da torcere alla Levy, una delle favorite, il tutto sotto agli occhi di Aja Kong, presente in veste di commentatrice.

Uno scambio tra Junko Yagu e Becky Levy.

Sempre in quel famigerato L1 si era fatta notare Yoko Takahashi, considerata da molti la prima fighter a tutti gli effetti, un'altra che aveva iniziato la carriera di wrestler per poi trovare la sua vera vocazione. Yoko faceva parte della classe 1994 delle giovani della AJW, ma dopo appena un anno in cui aveva fatto a tempo ad esibirsi nelle vesti di kickboxer aveva riportato un infortunio che le era costato il ruolo di lottatrice relegandola ai lavori dietro le quinte, per questo motivo era stata reclutata da Jaguar Yokota nelle sue Jd'Star come arbitro, fino al completo recupero.

Yoko pur non partecipando ebbe un ruolo determinante all'interno della prima ReMix World Cup, perché fu lei a portare sul ring una delle protagoniste principali della serata, Megumi Yabushita, ennesima ex promessa del judo passata al wrestling grazie al lavoro di scouting della Yokota e prontamente presa da parte proprio dalla Takahashi che le aveva suggerito di portare avanti parallelamente una carriera nell'ottagono facendole da sparring partner e all'occasione da manager. A conti fatti una scelta vincente

Presentatasi in sordina, Megumi avrebbe sconvolto spettatori ed addetti ai lavori compiendo un'impresa impensabile sconfiggendo una delle partecipanti accreditate alla vittoria finale nonché la più imponente dal punto di vista fisico, profilo ancora una volta facente riferimento a Svetlana Goundarenko, autrice di una vera e propria mattanza nei primi turni della rassegna.

Al primo turno la russa aveva demolito Kyoko Inoue, iscritta in veste di padrona di casa, ma totalmente impreparata a questo tipo di situazione come dimostrato dall'ammonizione presa dopo aver tentato di mordere l'avversaria dopo essere stata scaraventata a terra per l'ennesima volta nei 4 minuti di scontro conclusi con un'inappellabile sottomissione.

La stessa sorte era toccata alla futura American gladiator Erin Toughill, mentre Megumi nonostante un divario di altezza e peso al limite dello scandalo era stata capace di sfruttare lo spazio a disposizione per muoversi il più possibile attorno alla rivale colpendola con dei calci per spingerla sulla difensiva ed impedirle di utilizzare le sue terribili prese, arrivando relativamente incolume al termine del tempo a disposizione e convincendo la giuria a darle la vittoria ai punti.

Fasi iniziali dello scontro tra Svetlana Goundarenko e Megumi Yabushita

Un'impresa che non avrebbe concluso la serata della Yabushita: rimaneva da affrontare Marloes Coenen, l'altra enfant prodige che come lei aveva iniziato a dedicarsi ai tornei da appena pochi mesi dopo aver iniziato a praticare il jiu-jitsu a soli 14 anni. Nella terra del Sol Levante l'olandese avrebbe lasciato il primo segno di una lunga e luminosa carriera e avrebbe conosciuto uno dei suoi principali idoli, il lottatore Rumina Sato, il quale neanche a dirlo era stato allenato da un wrestler e non uno qualunque, bensì dall'uomo tigre originale, Satoru Sayama.

Anche lei aveva sconfitto la sua personale gigantessa rappresentata da Becky Levy e lo aveva fatto in maniera ancora più clamoroso sottomettendola con una delle sue tecniche più caratteristiche, un armbar eseguita saltando, proprio come faceva Sato, una scelta stilistica che le frutterà dopo qualche tempo il nomignolo di Rumina.

Lo scontro finale tra le due Davide non avrebbe visto nessuna delle contendenti riuscire a sottomettere l'altra, ma la superiorità tecnica della Coenen in più di un frangente le aveva permesso di avvicinarsi alla vittoria finale, lasciando pochi dubbi ai giudici dopo il termine del tempo regolamentare.

Nonostante la seconda piazza, le ultimi inquadrature della serata erano tutte per Megumi e per Yoko Takahashi che era salita sul ring per celebrarla assieme ai cronisti: la stampa locale aveva finalmente trovato un nome in grado di dare nuova linfa vitale alla disciplina.

L'attenzione riservatale dai media nei giorni successi, sommata alle 6.500 persone presenti all'evento (il triplo rispetto alla media degli eventi delle Neo Japan Ladies) aveva confermato l'intuizione iniziale di Shino, convincendolo a fare il passo successivo: abbandonare la vecchia compagnia per fondarne una nuova interamente dedicata alla sua vera passione chiamata Smackgirl mettendo la Yabushita e la ReMix World Cup al centro di questo nuovo progetto da cui sarebbero emerse figure leggendarie del calibro di Megumi Fuji, Mei Yamaguchi e Rin Nakai. Dall'altra però parte le ingenti spese per l'evento avevano messo in crisi le delicate finanze delle Neo, innescando un conto alla rovescia che avrebbe portato ad una totale restaurazione della dirigenza e ad un conseguente ulteriore ridimensionamento.

Alla fine della festa i partecipanti più attenti hanno proseguito i bagordi, gli altri invece hanno dovuto rimettere faticosamente posto le cose.