Calle joshi

Storia | By Poppo • 09-03-2022

Quando Josè Torres rubò la scena a Jackie Sato....

Quante volte all'interno di una rassegna sportiva si é sentito inveire contro l'arbitro? Una domanda retorica viste e considerate le innumerevoli polemiche che inevitabilmente colpiscono i giudici sportivi in più o meno tutte le discipline: basta il minimo accenno di dubbio per scatenare ragionamenti che partono da una semplice interpretazione del regolamento per arrivare ai più improbabili complotti a favore o contro una delle parti in causa.

In un contesto predeterminato come quello del wrestling invece, i fischietti svolgono un ruolo diverso in quanto sono anch'essi attori attivi e partecipi alla rappresentazione, a volte in maniera sottile come quando si tratta di regolare o limitare i possibili imprevisti come un errore di posizionamento o un infortunio, altre invece in maniera evidente interpretando dei personaggi, esattamente come fanno i wrestler.

La All Japan Women's Pro-Wrestling in tal senso ha visto nel suo periodo d'oro risaltare la figura di Shiro Abe, arbitro corrotto al soldo delle Gokuaku Doumei, lo stesso periodo in cui queste figure spesso e volentieri finivano vittime della terribile Dump Matsumoto, ma tornando più indietro nel tempo c'é stato un episodio singolare legato a loro, un incontro in cui Josè Torres ha messo da parte l'imparzialità per mettere le mani addosso non a un lottatore, ma ad un presunto spettatore che in realtà era arbitro a sua volta. Dove poteva capitare una cosa del genere, se non in questo ambiente?

Sogno americano?

Nel 1979 gli spettacoli della AJW dipendevano ancora parzialmente dalla presenza delle gaijin americane, le stesse che avevano contribuito a rendere popolare la disciplina a livello nazionale metà degli anni cinquanta e che nel tempo erano rimaste ancora una fonte di attrazione nei confronti del pubblico, nel bene e nel male: le amazoni statunitensi erano viste ancora come custodi di un mondo, quello del wrestling, che non era stato ancora esplorato in pieno, inoltre la loro avvenenza era pur sempre un potenziale richiamo per il pubblico maschile; al tempo stesso però, lo Zenjo stava appena iniziando a costruire delle antagoniste autoctone in grado di aizzare le folle e l'esempio più riuscito fino a quel punto erano state le Black Pairs, il duo composto da Yumi Ikeshita e Shinobu Aso solo ed esclusivamente per dare delle rivali in pasto alla coppia vincente dell'epoca, Jackie Sato e Maki Ueda, le Beauty Pair.

Ma questo binomio si era concluso proprio agli inizi del '79 a causa del ritiro della Ueda, un evento che portò al primo vero grande successo al botteghino grazie al confronto tra le 2 grandi amiche, un match visto da 13.000 persone che aveva portato grande risonanza nel Sol Levante, di fatto consegnando le chiavi della federazione nelle mani della Sato, alla quale servivano dunque nuove avversarie con cui misurarsi e in grado di far fruttare il supporto popolare di cui godeva, di conseguenza le straniere erano ancora un ottimo veicolo per far leva su di esso in combinazione con un certo spirito patriottico di fondo.

Periodicamente dagli Stati Uniti arrivavano vere e proprie delegazioni di lottatrici che si esibivano in tour come fece a suo tempo Mildred Burke, ma rispetto ai tempi della pioniera del wrestling femminile mondiale, ora la gestione di questo flusso era fermamente nelle mani di una nuova padrona, Mary Lillian Ellison, conosciuta a livello globale come The Fabulous Moolah, la nuova stella dei territori americani grazie alla nuova identità assegnatale da Vincent James McMahon, colei che aveva portato la NWA a riconoscere nuovamente la categoria femminile dopo le vicissitudini derivate dalla diatriba coniugale tra la Burke ed il promoter, padre e padrone Billy Wolfe. Quest'ultimo aveva investito sulle lottatrici dando loro visibilità, ma in cambio aveva abusato pesantemente del potere acquisito perpetrando ricatti a sfondo sessuale ed imponendo alle sue dipendenti ed una serie di pratiche scorrette a livello finanziario, spesso intaccando gli stessi guadagni delle sue dipendenti.

Con la sua dipartita, Moolah era diventata una prima donna a livello nazionale e anche in Giappone si era resa partecipe di un serie di incontri nel 1968 in cui aveva brevemente ceduto la sua cintura di campionessa a Yukiko Tomoe per poi riprendersela prima di tornare in patria. Approfittando della sua crescente fama, la Ellison aveva istituito una sua scuola di formazione per lottatrici con lo scopo non solo di formarle, ma anche di poter diventare una intermediaria tra le varie federazioni facendogli da manager. Questa attività però nascondeva una realtà piuttosto amara per coloro che vi si affacciavano: oltre a non venire allenate personalmente dalla campionessa nazionale, queste ragazze si trovavano letteralmente nelle sue mani per quanto concerne l'aspetto economico, visto che Moolah tratteneva una parte dei loro compensi dai loro ingaggi ed essendo colei che incassava per conto loro le somme, spesso tratteneva i soldi per diverso tempo prima di effettuare i pagamenti.

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Intervista a Lailani Kai per rfvideo1

Dopo la sua morte avvenuta nel 2007, molte altre accuse le sono state rivolte, dallo sfruttamento della prostituzione (assieme al marito ex wrestler Buddy lee) al ricatto nei confronti delle sue assistite o addirittura l'aver drogato alcune sue allieve. Le dirette interessate - oltre a storiche rivali quali Wendi Richter - si sono divise tra accusatrici più accese (come ad esempio Mad Maxine)  ad altre che invece hanno posto l'accento sull'aspetto economico ma al tempo stesso hanno smentito altri tipi di abusi, come le future Glamour Girls Judy Martin e Lailani Kai.

Chi invece si é mantenuta piuttosto neutrale in questa disputa storica é stata la protagonista dell'incontro descritto in seguito, Winnie Childree, divenuta allieva di Moolah a partire dal 1975 e divenuta discretamente famosa grazie al suo personaggio messo in scena, quello della nativa americana chiamata Wenona Little Heart che le aveva fruttato il riconoscimento quale miglior rookie del 1976. Tornando a 3 anni dopo, Winnie (chiamata anche Wenona), che nello stesso anno aveva anche lottato in Malaysia, Germania ed Inghilterra, faceva parte del famigerato gruppo giapponese assieme a Leilani Kai, Judy Martin, Vicki Williams e la principale responsabile degli allenamenti Joyce Grable, nonché sua compagna di camera per l'occasione.

La Childree non era esattamente una patita della cultura locale, così non ne capiva la lingua e le usanze e non era nemmeno interessata a comprenderle, ma si era comunque dovuta calare in questa avventura rinunciando alla sua maschera: nell'immaginario collettivo, le gaijin d'oltreoceano erano bionde, così si era dovuta tingere i capelli - ironia della sorte una cosa che avrebbero dovuto fare in patria la Martin e la Kai anni dopo - e avrebbe dovuto mettere da parte la maschera usata in casa propria per presentarsi con il nome di Winnie Burkley, usando il cognome del padre adottivo, Dick Barkley, anche lui con un passato da lottatore prima di ritirarsi e mettere su famiglia.

Foto di Wenona Little Heart

Quella sera in cui affrontò Jackie Sato dunque, doveva andare in scena l'ennesima riproposizione della guerra tra U.S.A. e Giappone e così sarà infatti, ma i protagonisti saranno leggermente diversi da quelli ufficiali.

L'incubo di ogni arbitro

Le donne però non si erano presentate da sole: dalla NWA infatti era stata mandato con loro un arbitro di origine messicana chiamato Josè Torres, al quale era stato richiesto di arbitrare gli incontri in cui venivano coinvolte le iscritte cercando di avere "un occhio di riguardo" per loro, cosa che poteva avvenire più di una volta durante le serate, anche se poi si cercava spesso e volentieri di farle lottare in coppia o in formazione allargata e anche se non avveniva, le altre americajin rimanevano a bordo ring per cercare di aiutare in qualche modo le proprie conterranee, proprio come in questo incontro.

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Jackie Sato vs Winnie Barkley - Data e luogo non verificati, AJW TV (anno 1979)

Da perfetta beniamina del pubblico, Jackie é stata in balia dell'aggressività messa in campo dalla bionda straniera e anche dalla combinata di scorrettezze attuate ai suoi danni: la Barkley appositamente la spingeva verso le corde e sistematicamente le colleghe si avventavano sulla nipponica cercando di strangolarla o colpirla al volto, trovando al massimo qualche blando richiamo da parte di Torres. Una scena ripetuta a lungo all'interno di un match estremamente statico, alla perenne ricerca dell'aiuto del pubblico a sostegno delle brevi fiammate dell'eroina di casa, puntualmente stroncate sul nascere a causa di questa inferiorità numerica.

Una situazione che con il passare del tempo stava generando un certo nervosismo a fuori dal ring, a partire dal tavolo di commento, dove Lucy Kayama - lottatrice che aveva assunto questo nome proprio in virtù del fatto di aver lottato alcuni match negli states - invocava un aiuto nei confronti della connazionale in difficoltà. Ci vorranno circa una decina di minuti di ostilità per fare esplodere la situazione: Jackie era stata scagliata all'angolo, sicché la Barkley per infierire aveva chiesto all'arbitro di afferrare la gamba avversaria per tenerla riversa a testa in giù per infierire meglio, ordine prontamente eseguito da Torres; la misura era colma, così dagli spalti un uomo si é presentato a bordo ring intimandogli di smettere, salvo trovarsi per tutta risposta scaraventato dentro al ring per poi subire una violenta bodyslam e venire subito ricacciato fuori dal ring.

L'espediente aveva avuto lo stesso un effetto benefico su Jackie, tanto da farle riprendere grinta e vigore, facendole presto prendere finalmente il controllo delle operazioni, anche con una certa rabbia sfociata in un tentativo di strangolamento, lo stesso attuato delle sue avversarie durante il corso della gara, ma subito interrotto dall'intervento puntuale del direttore di gara. Una chiamata sufficiente a far riesplodere la tensione: l'invasione infatti si era subito ripresentato inveendo contro di lui, tanto da portare il messicano ad afferrarlo per la testa e ricacciarlo dentro al quadrato, ma stavolta a dargli man forte era sceso in campo un'altra persona, ma anche questa era stata subito bloccato senza tanti complimenti, portando buona parte del roster a entrare sul ring per immobilizzare a fatica i 3 contendenti. Un tentativo vano, la tensione ormai era alle stelle e il primo attaccante si era poi fatto nuovamente sotto, riuscendo stavolta non solo a neutralizzare Torres scaraventandolo fuori dal ring, ma anche a sostituirlo in occasione del velocissimo conteggio di 3 eseguito quando Jackie - riuscita ormai a domare la nemica nel frattempo - era andata a segno con un vertical suplex.

Giustizia (più o meno) era dunque fatta e le americane avevano avuto il benservito e con tanto di lancio di popcorn dagli spalti, non restava che presentare l'eroe di giornata che si era opposto alla tirannide dell'arbitro, quel Jimmy Kayama che ricopriva saltuariamente il ruolo di arbitro per lo Zenjo e sotto il cui pseudonimo si nascondeva uno dei fratelli minori del fondatore Takashi Matsunaga, il terzogenito Kunimatsu, divenuto in seguito presidente della federazione fino al periodo più buio, quello che porterà gli enormi debiti e la conseguente chiusura, forse una delle cause del suo tragico suicidio avvenuto nel 2005, quasi in concomitanza con tali eventi.

Torres dal canto suo tornerà a più riprese in AJW diventando di fatto uno degli arbitri ricorrenti e avrà modo di riscattare questa condotta interpretando il ruolo di arbitro imparziale nei 2 scontri epocali tra la Matsumoto e Chigusa Nagayo, dai quali uscirà pesto e sanguinante, ma riuscendo infine a rendere giustizia (più o meno).