A ogni lottatrice la sua composizione
Cosa accomuna joshi e haiku? A prima vista nulla: la poesia di per sé poco si concilia con il wrestling inteso come spettacolo per le masse, a maggior ragione questa particolare forma di componimenti che nel corso dei secoli ha attinto principalmente da una profonda introspezione espressa sotto le forme, i suoni ed i colori della natura circostante. Tuttavia si può trovare in un gesto, in una particolare espressione o nella storia di una lottatrice "i graffi spighe sulle dita che le raccolgono", o nel suono della campanella lo stesso emesso dai "suonatori di gong in una notte di luna velata", perché in molti casi il soggetto vero e proprio é l'animo umano.
A questa intrpretazione soggettiva si può aggiungere la storia stessa degli haiku, nati nelle corti signorili in forma di contesa poetica (uta-awase), evolvendosi gradualmente da gioco intellettuale dove ogni compositore aggiungeva un verso collegato alla precedente strofa - come una sorta di telefono senza fili - a forma d'arte più comune tramandata da Matsuo Bashō ed eredi fino ai giorni nostri. Altro punto in comune, forse il più ludico, deriva dagli pseudonomi adottati delle stesse performer: se molti nomi d'arte derivano dalla provenienza delle ragazze (Dynamite Kansai, Risa Sera, Sendai Sachiko), altri invece attingono da elementi come i fiori, le piante, le stagioni, come del resto accade anche per i nomi comuni (in Giappone come in altre parti del mondo).
Da queste piccole similitudini (in particolare quest'ultima), nasce questo piccolo articolo ludico e senza particolari pretese, se non quella di far apprezzare questa selezione di brani e lottatrici e - perché no? - ispirare qualche altra associazione (o anche creazione!) per altri nomi attraverso l'uso della sezione commenti presente in fondo alla pagina.
*Per comodità e per rendere più comprensibili le associazioni, i brani sono stati trascritti usando il sistema hepburn, ossia traducendo gli ideogrammi in caratteri latini.
Suzume
Haru no hi ya
niwa ni suzume no
suna abite
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Giorno di primavera:
nel giardino il passero
prende un bagno di sabbia
Uejima Onitsura
Onitsura, seppur figlio di samurai fin da ragazzino ha seguito la strada della poesia, ripromettendosi di mantenere negli anni la tipica curiosità infantile, ma senza perdere di vista la fedeltà al concetto di sincerità (makoto), in aperta polemica con alcune forme di haiku più mondane ritenute artificiali e superficiali.
In questa poesia il passero (suzume) viene ritratto intento in un'azione consueta - la ricerca di cibo - ma che assume tutto un altro tenore per via della stagione in cui si svolge (haru) grazie alla quale la terra risvegliata dal torpore invernale si anima anche grazie ad esso.
Il passero della Tokyo Joshi Pro in un certo senso rappresenta bene sia la primavera, grazie con la sua giovinezza, che il metaforico bagno di terra, dato che come le altre coetanee deve sottoporsi a quel rito di passaggio segnato da molte sconfitte e dal durissimo lavoro nel dojo, dal quale si spera possa trarre nutrimento sufficiente prima dell'autunno.
Maya Yukihi
Yuki yori mo
samushi shiraga ni
fuyu no tsuki
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Fredda più della neve
è sui capelli bianchi
in inverno la luna
Naitō Jōsō
Discepolo del più famoso Bashō, Naito Rin'emon Jōsō ha seguito per tutta la vita la traiettoria del maestro divenendo in età avanzata anche lui un eremita dedito alla meditazione ed alla contemplazione dei paesaggi della sua ultima residenza, una piccola capanna nei pressi del lago Biwa, zona boschiva non molto distante dalle montagne.
L'unica sua pubblicazione consiste nella raccolta postuma alla sua morte chiamata Gli hokku di Jōsō e in questo componimento si avverte il freddo di quei monti e lo scandire preciso del tempo e della vita delle persone segnato dalle stagioni.
Nonostante il tono un po' fatalista e maliconico della poesia, la purezza della neve (yuki) abbinate alla maturità acquisita negli anni, sono pur sempre i tratti distintivi dell'attuale regina delle nevi della Ice Ribbon.
Sakura Hirota
Nawashiro no
mizu ni chiriuku
sakura kana
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Fiori di ciliegio:
sparsi si posano sull'acqua
della risaia
Morikawa Kyoroku
Quello dei petali sparsi é un topos comune degli haiku e può assumere i più diversi significati a seconda del contesto, ma in buona parte di essi assume un'accezione di imprevedibilità, di qualcosa al di fuori degli episodi ricorrenti della vita quotidiana.
Alcune delle poesie più celebri di Bashō ritraggono questi fiori nell'intento di adagiarsi fuori da un tempio o all'interno di una ciotola di brodo e a proseguire questa immagine ci ha pensato tra gli altri anche colui che ad un certo punto si era auto assegnato il ruolo di suo erede ufficiale, Morikawa Kyoroku.
Nonostante i 25 anni di carriera, ancora non si sa dove andrà a posarsi quel fiore di ciliegio (sakura) che di cognome fa Hirota, se arriverà travestito da qualche improbabile personaggio o se inventerà qualche altra strampalata situazione o se lotterà in maniera convenzionale.
Natsu Sumire
Natsu kawa wo
kosu ureshisa yo
te ni zōri
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Guardare il fiume d'estate:
felicità con i sandali
in mano
Yosa Buson
Molti degli haiku antichi identificavano le stagioni secondo il vecchio calendario wareki basato sull'andamento lunisolare, secondo il quale l'anno iniziava ad inizio Febbraio, dopodiché la primavera (haru) andava dallo stesso mese fino ad Aprile, dopodiché si susseguivano le altre stagioni: natsu (estate), aki (autunno) e fuyu (inverno).
Yosa Buson é ancora oggi considerato uno dei 4 grandi maestri della composizione, ma rispetto agli altri é quello che ha esplorato altre forme d'arte, in particolare la pittura, ambito di cui si occupava sia in veste di collezionista che di realizzatore. I suoi versi in più di ogni occasione si discostano dai toni astratti e generici per disegnare delle scene molto concrete, ma non meno evocative.
Natsu Sumire non sarà forse la lottatrice più raffinata, ma le sue burle - come quele della Hirota - spesso e volentieri strappano una genuina risata, viva come la stagione che porta nel nome.
Hamuko e Ibuki Hoshi
Sorezore no
hoshi arawaruru
samusa kana
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Ad una ad una
si affacciano nel freddo
le stelle
Tan Taigi
Tan Taigi, discepolo di Buson, guardava spesso il cielo per coglierne sfumature da mettere su carta, sia esso il vento proveniente da Est, piuttosto che un gruppo di aquiloni mossi dai bambini del villaggio e per questo non potevano certo mancare le proverbiali stelle (hoshi) che anche in Italia un certo poeta fiorentino ha portato al culmine della sua poetica.
Un quadretto che può essere adattato a mamma Hamuko Hoshi, in attesa che quella della figlia Hibuki si affacci nel firmamento.
Hana Kimura
Yo no naka wa
jikoku no ue no
hanami kana
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In questo mondo
contempliamo i fiori;
sotto, l'inferno
Kobayashi Issa
Ancora i fiori, stavolta in forma composta (hanami) e nella loro più comune accezione, quella della bellezza, della vitalità e del loro candore naturale.
Non sono necessarie ulteriori spiegazioni, niente può descrivere meglio quanto successo quasi un anno fa alla bella e sfortunata Hana Kimura.
Haruna Neko
Nete okibite
ō-akubi shite
neko no koi
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Si sveglia
e sbadiglia, il gatto;
poi, l'amore
Kobayashi Issa
La vita di Issa é stata un romanzo nel vero senso della parola: dopo un lungo viaggio in gioventù aveva pubblicato i diari con le memorie di quei giorni, procurandosi una certa notorietà in ambito letterario, grazie alla quale riunì diversi discepoli che diffusero i suoi insegnamenti e lo sostennero economicamente, pareggiando le continue vessazioni operate dalla sua matrigna. Anche nella fase finale della sua vita non mancarono avvenimenti significativi dato che si sposò due volte rimanendo due volte vedovo e perdendo i figli nati dalla seconda unione.
Nulla di tutto questo però traspare da questo simpatico brano dove il gatto (neko) trasmette il calore della casa, dei propri cari, della quotidianità. Un po' quello che si prova guardando Haruna entrare sul ring con il suo completino da gatta: più una mascotte che una lottatrice, ma che trasmette una certa familiarità.
Miyako Matsumoto
Yūgao ni
miyako namari no
onna kana
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Tra i convolvoli notturni
una ragazza parla
nella lingua di Kyōto
Masaoka Shiki
La traduzione letterale di Miyako è "proveniente dalla capitale" che all'epoca di Masaoka Shiki (1867-1902) era stata trasferita da Kyōto a Edo, l'attuale Tokyo, non a caso questa poesia racconta bene cosa ha rappresentato la cosiddetta era Meiji ed il suo progressivo processo di occidentalizzazione degli usi e dei costumi della società giapponese
Al di fuori della metafora, fa sorridere pensare che in ogni suo incontro, Miyako Matsumoto parli una lingua tutta sua e fuori dal tempo, che nessuno sembra essere in grado di capire.
Kana
Gainjitsu wo
tenchi wagō no
hajime kana
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Capodanno:
tra cielo e terra
inizio d'armonia
Masaoka Shiki
L'uso del termine kana é uno degli aspetti che salta all'occhio di tanti neofiti ed aspiranti traduttori. Si tratta infatti di un termine solitamente denominato kireji, il quale non ha un vero significato, ma che serve a rafforzare la parola precedente come se fosse un segno di interpunzione come un punto esclamativo ad esempio. Oltre ad essere facile da inserire nel tipico schema sillabico (5 sillabe il primo e l'ultimo verso, 7 il secondo), rispetto ad altri kireji come wo, ya o no, viene spesso impiegato alla fine delle composizioni per via del suo suono, indurito dalla consonante iniziale, più sciolto nel proseguo, quasi come piccolo riverbero.
Non poteva che essere l'attuale Asuka a chiudere questa rassegna, essendo la wrestler giapponese più conosciuta oggigiorno e non poteva non rappresentarla sempre Masaoka Shiki, feroce critico dei grandi vecchi della tradizione (Bashō in primis) e principale promotore del movimento di rilancio del genere letterario grazie ai suoi scritti ed alla sua attività di redattore della rivista Hototogisu (il gufo).
Malgrado abbia perso il titolo di campionessa a Wrestlemania, Kana con la sua lunga e fortunata carriera rimane il più riuscito punto di contatto tra wrestling americano e giapponese, tra cielo e terra.