Calle joshi

Storia | By Poppo • 12-05-2020

Una parte di storia della rivalità tra l'attuale Asuka ed il mondo joshi

Lunedì scorso Asuka ha ufficialmente conquistato tutti i titoli femminili attualmente esistenti in WWE; un traguardo raggiunto in maniera non propriamente lineare visto che si tratta di un'assegnazione dovuta al forfait dell'ex campionessa Becky Linch e soprattutto per la scarsa caratura dei due regni precedenti, quello di coppia e da campionessa del roster di Smackdown, in totale contrapposizione con il suo celebratissimo regno a NXT. Si può dire che la notorietà conquistata all'interno del terzo brand abbia aperto le porte della federazione di Stamford a molte sue connazionali, portando al panorama joshi una certa visibilità, ed al tempo stesso impoverendolo di questi talenti a causa della feroce campagna di scouting attuata dagli americani.

Del resto Kana ha raggiunto i suoi più grandi successi proprio grazie alla suo essere un elemento di rottura nell'ambito del wrestling femminile giapponese e delle sue tradizioni, a tal punto da arrivare ad un certo punto ad esserne considerata il nemico pubblico numero uno. Anche in quell'occasione c'è stato di mezzo un regno titolato, ulteriore conferma (semmai ce ne fosse bisogno) che la personalità del campione conta molto di più della quantità di titoli vinti o del numero di giorni in cui ha detenuto una determinata cintura.

Once upon a time in JWP....

Nel 2013 la JWP aveva appena superato i venti anni dalla sua fondazione diventando la più longeva federazione femminile in Giappone, anche grazie al fallimento di quella All Japan Women's Pro-Wrestling dalla quale era fuoriuscito il gruppo delle fondatrici. All'inizio degli anni 10' la volontà era quella di espandere la propria notorietà sia cementificando il proprio ruolo storico tramite l'acquisizione di tutta una serie di marchi storici dello Zenjo (inclusi i tornei, tra i quali il Japan Grand Prix) ed al tempo stesso provando qualche sortita negli U.S.A. attraverso la Chikara.

Due delle figure principali di quel periodo, nonchè co-protagoniste di questa storia sono una vetrana ed una stella nascente: Command Bolshoi era rimasta una delle ultime performers originali della promotion, nonostante il cambio di nome da Kid a Command; a dispetto della sua stazza ridotta che ne aveva precluso l'impiego nelle parti più importanti degli show, era comunque riuscita a vincere il titolo principale, il JWP Openweight ad inizio del nuovo millennio divenendo uno dei punti di riferimento dell'organizzazione, prima in veste di allenatrice e poi in seguito come presidentessa. Serve una figura molto inserita nei meccanismi, a maggior ragione dopo il progressivo disimpegno del suo volto per eccellenza, Dynamite Kansai. Arisa Nakajima invece, come la Bolshoi aveva iniziato la propria avventura in Joshi Pro da Junior (vincendo pure il titolo di categoria) per poi interromperla bruscamente nel 2009 dichiarandosi ritirata "salvo offerte particolarmente vantaggiose"; occorrerà attendere quasi 3 anni prima la JWP si rifaccia prepotentemente viva.

Mean-while...

Un anno dopo il "ritiro" di Arisa, vengono poste le basi per l'origine di tutte le controversie legate al nome di Kana. Oltre alla famosa rivalità con Syuri portata avanti in SMASH ed al rafforzamento del sodalizio con le sorelle Shirai, riesce a far parlare di sè anche grazie alla sua attività imprenditoriale: aveva aperto uno studio grafico durante la sua momentanea assenza dal ring qualche anno prima, successivamente un salone di bellezza a Yokohama e soprattutto nel 2010 aveva iniziato a produrre da sola i suoi show attraverso la sigla Kana-pro. Questa sua visione è stata spesso rimarcata da parte sua nelle interviste, dove definiva molte colleghe "marxiste con scarso spirito di iniziativa", preambolo del suo famoso manifesto pubblicato che uscirà nell'agosto dello stesso anno sulla rivista Weekly Pro Wrestling, una critica feroce di tutto l'ambiente in pochi punti:

  • le pessime relazioni tra colleghe
  • la condanna ad certo tipo di lottato ritenuto poco credibile
  • lo sviluppo "impersonale" delle giovani atlete e l'inutilità di quelle che non sanno generare interesse sul business (rivolto anche alla vecchia guardia)
  • l'invito ad evolvere lo stile di lotta guardando al di fuori dei confini nazionali

Per quanto si tratti uno scritto worked shot è sufficiente a far venire una crisi di nervi a molte persone cresciute attraverso le granitiche certezze sviluppate dal forte successo del business tra la fine degli anni ottanta e la metà degli anni novanta. Finito il sodalizio con la sigla di Tajiri, ci saranno diverse sigle che si rifiuteranno di collaborare lei. poco male, come si dice si chiude una porta, si spalanca un portone.

Freelance

Il ritorno Arisa Nakajima in JWP coincide con la sua consacrazione, un'ascesa velocissima passata prima attraverso la vittoria dei titoli tag - guarda caso assieme alla Bolshoi - ma soprattutto con la vittoria dell'Openweight, figlia anche di una situazione leggermente complicata. Infatti il titolo massimo era finito alla vita di Emi Sakura, fondatrice della Ice Ribbon (abbandonata per motivi personali) ed in procinto di creare una sua nuova sigla dopo l'abbandono per motivi personali della sua prima creatura. Sakura infatti convertirà la sua sigla thailandese, la BKK Pro in un nuovo soggetto chiamato Gatoh Move e per dargli notorietà opta per un'invasione sulla falsa riga di quanto fatto dalla stessa JWP durante la sua età dell'oro con la All Japan. Ad Arisa viene assegnato il ruolo di paladina della promotion, alla sua vittoria corrisponde il culmine di questa storyline ed il progressivo allontanamento dell'ex campionessa.

Fuori una freelance, dentro un'altra: Kana fa il suo debutto; è la stessa Nakajima a proporla e ad insistere per il suo inserimento, ma non trova altrettanto entusiasmo tra le sue colleghe, specie da parte della sua ex partner Bolshoi che si dichiara ancora estremamente risentita a causa del famoso manifesto. Non può essere altrimenti, in questo quadro è lei il soggetto più colpito da quelle parole essendo sia  rappresentante di quella tradizione duramente contestata che promotrice di uno stile di lotta agli antipodi dai canoni iper realistici di Kana. In un certo senso anche Arisa è uno dei bersagli, anche lei per il suo stile rimasto in gran parte quello del junior dell'epoca ed in parte anche perchè è uno dei volti figli di quel sistema di sviluppo che soffoca la personalità delle lottatrici. Se ne renderà conto a sue spese dopo un violento attacco da parte di Kana al termine di un normale tag team match, un attacco di una violenza tale da ricordare per alcuni aspetti le sue risse con Syuri.

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Il contatto fisico tra le due viene sedato dal resto del roster, con un evidente presa di distanza da parte di tutte le atlete da Kana (comprese le heel). La storia è servita, Kana sfiderà finalmente il sistema in un vero incontro non organizzato da lei. La domanda a questo punto è come reagirà il sistema? Cavalcherà quest'onda o lascerà naufragare tutto dando sfogo a quei detrattori che vogliono veder fallire questa rivoluzione? E soprattutto concederà nuovamente il suo titolo massimo ad una lottatrice indipendente?

Sta di fatto che l'incontro titolato è sancito e si svolgerà il 13 Agosto: a tre anni dal famoso manifesto. Quando si dice progettualità imprenditoriale.

Massacrare la storia

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Quello che segue è un match quasi a senso unico: se nei primi scambi la Nakajima prova a farsi falere sul piano dell'intensità abbinando le sue manovre veloci, Kana la stoppa subito mandandola al tappeto con una serie di calci per poi mettersi subito a colpire ripetutamente il braccio sinistro attraverso le sue tecniche provenienti dalle arti marziali miste. Gran parte dell'incontro Arisa lo passa a cercare di divincolarsi dalle mosse di sottomissione e quando riesce ad alzarsi in piedi viene prontamente buttata a terra. Superata la fase centrale del match arriva il classico sussulto di nervi della campionessa che però cade in un errore fatale quando tenta una ankle lock sulla rivale rubandole la sua mossa. Qui Kana dimostra a sua netta superiorità tecnica rovesciandola a suo favore, iniziando quindi a lavorare sulla gamba destra. Un lavoro globale agli arti finalizzato unicamente come rimando al suo manifesto, per rimarcare la superiorità del suo stile per il quale Arisa non trova risposte, se non un comeback uguale al precedente e con minore convinzione, fino a soccombere all'inevitabile KO per sottomissione, la sua Chicken wing modificata con la quale braccia e gambe vengono intrappolate simultaneamente.

La scena madre però avviene al termine dell'incontro (nota: non è riportata dal video proposto) quando Kana, dopo aver continuato ad infierire sull''avversaria ormai esanime, prende il microfono, espone il suo manifesto ed infine pronucia la sua storica frase "ho rubato lo spirito della JPW". Quanto basta per fare andare su tutte le furie Command Bolshoi, la quale si getta contro Kana subito dopo la sua uscita dal ring legittimandone il ruolo di monster heel, probabilmente ancora oggi una delle più grandi della storia Joshi.

I fans più giovani probabilmente ricollegheranno questo avvenimento alla summer of Punk (quelli un po' meno giovani magari alla versione proposta in Ring of Honor), ma qui c'è una differenza fondamentale: quella di Kana è una sfida alla storia, o meglio ad una concezione di storia che non vuole andare avanti, ancorata alle sue tradizioni siano esse positive o negative. Gli interrogativi che pose all'epoca sono in parte ancora validi nonostante le contraddizioni personali a cui inevitabilmente è andata incontro, dalla serie di PhotoBook gravure realizzato nel 2014 (ancora oggi criticato da una parte dei suoi ex fans) fino al suo approdo in WWE, ossia quanto di più distante da quello stile di lotta reale da lei predicato. Eppure anche in quest'ultimo emerge la grandezza della sua figura: negli ultimi anni non ha minimamente sfoggiato il suo vero potenziale di lottatrice, il suo personaggio è confinato negli orribili stereotipi sui giapponesi, eppure spesso grazie alla sua sola espressività o alle sue movenze. Un po' come Picasso che a 4 anni dipingeva come Raffaello impiegando tutta la vita per dipingere come un bambino, entrambi hanno sfidato le convenzioni. Uscendone vincitori.