Calle joshi

Storia | By Poppo • 28-11-2021

Le origini di una delle rivalità cardine degli anni novanta

Forbidden door è il termine attualmente in voga per descrivere le collaborazioni tra compagnie di wrestling, uno slogan coniato ad hoc per descrivere gli scambi di atleti in atto tra AEW, New Japan Pro-Wrestling ed Impact Wrestling. Finora oltre all'altisonanza degli annunci, tutto ciò ha portato - per motivi - a sporadiche apparizioni dei vari performer al fine di creare incontri spesso slegati dalle storie principali messe in atto dai soggetti ospitanti, senza creare veri e propri momenti indimenticabili.

Come già scritto diverse volte su queste colonne, un  buon esempio di scambio proficuo di talenti e risorse si può riscontrare all'interno del panorama joshi nella prima metà degli anni novanta e uno de capitoli più importanti dell'era interpromozionale é stato scritto dalle rispettive stelle dei 2 principali riferimenti dell'epoca, Aja Kong per la All Japan Women's Pro-Wrestling e Dynamite Kansai per la JWP, una rivalità composta da pochi incontri ma in grado di settare nuovi standard per l'intero ambiente e di raccontare una grande storia.

Attualità o meno, si tratta di una serie di pagine che ogni appassionato della branca femminile del puroresu prima o poi dovrebbe recuperare, per godere della bellezza di questi incontri, ma anche per approfondire la conoscenza di questi pilastri della disciplina.

Asso pigliatutto

Sul finire del 1993, il regno da campionessa WWWA di Aja Kong si stava avvicinando al suo primo anniversario, raggiungendo quasi la metà della durata record stabilita dal colei che l'aveva preceduta, la sua maestra Bull Nakano. Dopo aver concluso la biennale guerra con lei, Aja si era trasformata in un jolly capace di riciclarsi in tutti gli ambiti degli spettacoli allestiti dalla federazione gestita dalla famiglia Matsunaga: che si trattasse di dare una lezione alle giovani leve o presenziare nella categoria di coppia o ancora lottare con le nuove main eventer che si stavano affacciando in quel momento di ricambio generazionale, la combinazione tra il suo strapotere fisico, la sua imponente personalità e la sua capacità di lavorare con chiunque rappresentavano - e rappresentano ancora oggi - le qualità indispensabili per essere l'asso di una promotion giapponese.

Le vere minacce alla sua dittatura però dovevano ancora palesarsi all'orizzonte, anche se una prima avvisaglia era arrivata in quel fatidico 2 Aprile dello stesso anno, in quella serata chiamata All dream slam, dove lo zenjo, la FMW, le LLPW e la JWP avevano deciso di iniziare a collaborare tutte assieme. Nulla di preoccupante in origine, tant'é che Aja e Bull quella volta si erano sbarazzate di Eagle Sawai e Harley Saito, le scagnozze inviate dalla loro boss Shinobu Kandori, la vera anima delle Ladies Legend Pro Wrestling, a sua volta impegnata a marchiare a fuoco il proprio nome nella storia assieme a quello di Akira Hokuto disputando un altro degli incontri più iconici di sempre.

L'abbondanza di grandi nomi aveva permesso ai vari soggetti in campo di non dover giocarsi tutte le proprie carte in una volta e di garantire un minimo di equilibrio a livello politico, gestendo il borsino delle vittorie e delle sconfitte senza eccessivi patemi, anche se nel caso di Aja il problema non si poneva: lei era il vertice della piramide, l'asso in grado di vincere su qualsiasi altra carta, inclusi gli altri assi, obbligati quindi momentaneamente a girare al largo.

Il 1993 era altresì l'anno in cui Dynamite Kansai era ufficialmente diventata il centro del progetto della nuova JWP: se sul finire della precedente gestione era considerata il futuro, con la spaccatura del roster causata dalla Kandori e la conseguente riduzione del gruppo, la sua altezza e soprattutto la sua capacità di ricoprire sia il ruolo di beniamina del pubblico che quello di campionessa molto difficile da abbattere, praticamente la versione più "umana" della Kong. Il torneo per l'assegnazione del nuovo titolo massimo avvenuto sul finire dell'anno prima aveva in chiaro le intenzioni della compagnia: in finale la Kansai aveva sconfitto velocemente Cuty Suzuki, di conseguenza la prima sarebe stata l'atleta di punta, mentre la seconda con la sua bellezza e la una eleganza avrebbe svolto il compito di mettere il suo viso a disposizione per la comunicazione pubblicitaria.

Dato che la FMW era pur sempre una promotion dove lottavano uomini e donne e che le LLPW rappresentavano una forza di minore entità, alla JWP spettava il ruolo di ideale controparte della AJW potendo contare comunque su una storia leggermente più longeva delle altre e su di un gruppo con grande potenziale allenato dalla storica Devil Masami affamato di rivalsa dopo che più di una sua componente era stata precedentemente "scartata" dallo zenjo, in primis Mayumi Ozaki e la stessa Kansai. Questione di qualche mese, ed ecco che il primo vero confronto tra le 2 ace era servito: il campo di battaglia era l'incontro a squadre per antonomasia, la Thunder Queen battle in cui entrambe ricoprivano la carica di capitane.

Se é vero che al termine di quell'ora di guerra totale ad uscire vincitrice era stata la JWP, il primo confronto si era rivelato un vero trauma per la Kansai, finita al tappeto dopo appena 10 secondi dal suo ingresso sul ring per mano di una singola e devastante Uraken, capace di tenerla al tappeto per altrettanti secondi.

Non solo un momentaneo punto di vantaggio per la squadra rivale, ma una netta affermazione di superiorità.

A carte scoperte

La nuova era interpromozionale dopo quell'evento stava per inaugurare un ciclo di difese della red belt che avrebbe viste coinvolte le altre regine come Megumi Kudo e la Sawai, ma un mese dopo la disputa, ma la prima occasione, in virtù di quella vittoria di gruppo e di quello scontro, spettava all'ex Miss A, decisa a lavare l'onta subita e a far cambiare idea alla Kong, piuttosto contrariata dalla prospettiva di mettere in palio il suo alloro contro qualcuno che era caduto al suo cospetto in maniera così repentina, pur tuttavia riconoscendo che la stessa non sarebbe andata facilmente al tappeto una seconda volta, ma lei ormai conosceva il suo punto debole: sarebbe bastato un altra Uraken per vincere la sfida.

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Aja Kong vs Dynamite Kansai - 25 Agosto 1993, Legacy Of Queens (Nippon Budokan)

Premesse ampiamente rispettate nelle fasi iniziali della sfida: entrambe avevano optato per interprretare un copione tradizionale lottando "a specchio" utilizzando le stesse strategie, quindi bloccando l'avversaria a terra colpendo gli arti inferiori, e le stesse mosse di impatto come il piledriver, ma anche quelle più semplici come i calci o le gomitate, le rispettive specialità. A dispetto della grinta mostrata dalla sfidante era stata in grado di scalfire appena la campionessa ed il suo atteggiamento guardingo che le aveva consentito sempre di riprendere sempre il controllo delle operazioni, o almeno fino al momento in cui era stata colpita da plancha fuori dal quadrato i quello che pareva il cambio di passo della gara, quello in cui la Dynamite era pronta ad andare a segno con la sua patentata Splash Mountain.

Un errore di presunzione pagato a carissimo prezzo, un attimo di distrazione sufficiente ad Aja per sfoderare la Kryptonite della rivale, la temuta gomitata rotante.

Ancora una volta il conteggio dell'arbitro era partito ed il suo conteggio si stava nuovamente avvicinando al fatidico decimo rintocco, la stessa Kong si accertava nervosamente dell'incapacità di rialzarsi della Kansai e tutto sembrava volgere al termine. Ma stavolta la Kansai aveva trovato la forza di trascinarsi fino alle corde e rialzarsi molto a fatica, solo per finire nuovamente a terra per via dei colpi devastanti della nemica, incluso uno dolorosissimo splash dal paletto. Quando ormai tutto era apparecchiato per una seconda e definitiva Uraken, la lottatrice vestita di verde aveva trovato la forza di reagire con i suoi calci e, gettando il cuore oltre all'ostacolo, colpendo il mastodonte a sua volta con una gomitata in rotazione, facendolo finire al tappeto.

Ma il suo turno era presto finito ed il successivo attacco era stato neutralizzato da un'altra delle carte vincenti di Aja, il suo devastante driver, capace di sorprendere anche le avversarie più agili, ma per chiudere del tutto i giochi aveva scelto di salire nuovamente alla terza corda, finendo a sua volta vittima della finisher della Kansai e sfuggendo al pin decisivo di appena un soffio. Capendo di non potersi lasciare vicendevolmente tregua, la campionessa JWP allora aveva preso a bersagliare la controparte a suon di calci in faccia, mentre l'ace della AJW aveva optato per una serie di proiezioni non proprio parte del suo bagaglio tecnico, ma di sicuro impatto, l'ennesimo botta e risposta culminato ancora una volta dalla briscola in mano alla Kong, l'Uraken.

Ma ancora una volta, la Dynamite si era rialzata, perciò una terza gomitata le era stata servita, ma siccome si stava di nuovo rialzando ne erano seguite una quarta, una quinta ed una sesta, ma ormai l'effetto della mossa stava svanendo, anzi ogni colpo subito sembrava ritemprare lo spirito guerriero della rivale, pertanto a causa della disperazione la Kong l'aveva posizionata a forza sulla terza corda, l'aveva colpita con la settima Uraken e poi per non rischiare era andata a segno con un'ultima, devastante Aja Driver, mantenendo la cintura ed il ruolo di forza dominante.

Eppure, nonostante i 25 minuti di battaglia, la Kansai aveva trovato la forza di prendere il microfono e di rilanciare la sua sfida sotto allo sguardo inespressivo della vincitrice: un giorno sarebbe riuscita ad avere la meglio e superare la sua debolezza nei confronti di quella dannata mossa e quella sera un primo passo era stato compiuto verso quella direzione.

Ne avrebbe dovuti fare altri prima di avvicinarsi a quel traguardo ed ognuno di essi sarebbe stato impervio, proprio come la montagna che stava cercando di scalare, ma per altri 2 anni l'asso sarebbe rimasto uno solo e sulla sua carta sarebbe rimasta incisa l'effige di Aja Kong.